"fino a che non va a segno è tutto da giocare"

martedì 20 luglio 2010

Sussurrando parole di saggezza "Let it be"


Il sole sulla pelle. Quello che riscalda anche se non c’è attrito. Quello del primo giorno di mare. Quello che si accompagna alla pesantezza sulle palpebre e al profumo di doposole. L’aria calda del giorno che dicono essere il più caldo di quest’estate anomala. Io qui, in una camera che non ha più nulla di me se non i suppellettili scelti quando ancora la mia vita era qui. Sono dieci giorni che non fumo ma stasera una sigarettina è proprio quello che ci vorrebbe. Giro per casa alla ricerca di qualche pacchetto nascosto. Un tempo c’era l’abitudine in questa famiglia di tenere un portasigarette da sala sempre fornito per gli ospiti. Abitudine evidentemente persa da quando qui non fuma più nessuno. Frugo in camera e in mezzo a scatoloni mai svuotati emergono ricordi. Apro cassetti e con essi emergono pezzi di vita che sono rimasti chiusi lì per anni. Forse sarebbe stato meglio rimanessero lì. Non mi tradisco mai. Infatti in un pacchetto stropicciato, in mezzo a scontrini, centesimi e mollette per i capelli trovo una Malboro ammaccata. Una Malboro rovesciata. Insana moda di qualche anno fa’ di rovesciare per ogni pacchetto importante una sigaretta. La sigaretta del desiderio. Ironico: che desiderio avessi espresso allora nemmeno lo ricordo più. L’accendino nel pacchetto è stilosissimo ma esaurito. Poco male. Nella mia ricerca di tabacco ho trovato un altro reperto archeologico. Una delle tre scatole di fiammiferi formato famiglia con stampa della Londra ottocentesca. Kitchissimo regalo di mio fratello di ritorno dalla vacanza studio inglese. Poi si lamentano che io abbia iniziato a fumare. Con un regalo così a dodici anni le ipotesi sono due: o il mio caro fratellino mi stava simpaticamente invitando a darmi fuoco, oppure voleva iniziarmi ai goliardici piaceri di Tabacco essendo troppo piccola per gli altri due. Ricordo che quel regalo per me fu ugualmente magico, quando Londra sembrava lontanissima e le vacanze studio sembravano la frontiera dell’emancipazione. Ad oggi vivo da sola da sei anni e sono stata a Londra tre volte. Sì, col tempo le prospettive cambiano decisamente. In terrazza c’è un piacevole venticello e i tetti della città sono illuminati dalle luci ambrate del centro storico. IPod nelle orecchie. Come al solito canzoni che hanno un tempismo perfetto. Across the universe che mi accompagna attraverso il mio universo personale. I cerini sono talmente vecchi che nemmeno si accendono più. La sigaretta sa di tutto, sa di passato, sa di viaggio ma non di tabacco. Ha il sapore della canfora dei cappotti e un retrogusto di incenso del mio adolescenziale taccuino indiano fatto a mano. Across the universe, Pezzi di vetro ed infine Let it be. Se non credessi già per conto mio alle coincidenze dovrei ugualmente pensare che il congegno elettronico che ho attaccato ai timpani stia tentando di dirmi qualcosa. Attraverso il mio personalissimo universo di ricordi mi ritrovo ad ascoltare la colonna sonora che mi ha accompagnato nella decisione di abbandonare questo posto e poco dopo a sentire i Beatles che mi consigliano “let it be”. La sigaretta è finita, il vento si è fermato e dalla piazza proviene il suono sgraziato di una composizione elettronica. La poesia di questo attimo è finita. Forse è proprio il caso di lasciare che sia, di abbandonare il passato alle spalle, di chiudere il cerchio dei ricordi. Il coperchio dei ricordi. Di lasciare che tutto rimanga qui dov’è… perché il mio posto è altrove.