"fino a che non va a segno è tutto da giocare"

domenica 22 gennaio 2012

Waiting on a shadow to go...

" Non sono buona ad aspettare. Aspettare senza sapere è stata la più grande incapacità della mia vita. Nell’attesa ho avuto lo spazio per costruire enormi impalcature di significato, e dieci minuti dopo farle crollare, per mia stessa mano. Poi riprendere da un punto qualunque, correggere il tiro di qualche centimetro per rendere la costruzione immaginata più solida. Vederla crollare di nuovo. […] Io non so aspettare e non voglio farlo, nell’attesa i mostri prendono forma e si ingigantiscono, mangiano le ore per crescere e mangiarmi."
(Valeria Parrella, Lo spazio bianco)

Tutti da bambini abbiamo paura del buio, del mostro sotto al letto che venga a portarci via dagli affetti. Poi iniziamo a temere i temporali, perchè in quel momento c'è troppa luce, tutto è così maestoso, gigante, imponente... e noi ci sentiamo troppo piccoli e troppo nudi per spiegarci quell'immensità. Quando diventiamo grandi, infine, forse a spaventarci sono le ombre. Più o meno piccoli spazi bui che vivono al limite contingente della nostra quotidianità, della luce, del familiare. Ombre che, gomito a gomito con la sveglia sul comodino, quella luce e quella familiarità ce la possono strappare via senza lasciarci nemmeno il tempo per rendercene conto. Sono angoli d'oscurità che hanno la cadenza di un rubinetto che perde e la forza di un fiume che scorre. Lente, inesorabili, si depositano nei nostri segreti più incoffesabili e lì maturano e s'ingigantiscono come una colonia di batteri. Qualcuno un giorno mi disse che "è solo guardando fisso nell'ombra che un occhio riacquista la vista". Ma non raccontò nulla del passaggio traumatico tra la luce e l'ombra, di quell'istante in cui visioni apocalittiche e confuse si presentano davanti agli occhi: farfalle, pulviscoli che si librano nell'aria e piccoli vermi che sembrano volare, il tutto condito da una sensazione che sembra trafiggerti il cervello. Di tutto questo mi aveva già raccontato la Vita. Forse, ancora una volta, è solo quello che chiamano "crescere" e "andare avanti" e poi, del resto, citando un celebre libro, non si dice forse che se si vogliono vedere le farfalle, che dicono essere così belle, si debbano sopportare prima i bruchi?