"fino a che non va a segno è tutto da giocare"

venerdì 28 gennaio 2011

Shakespeare non voleva scopare...

Fraintendimenti. I Kings of Convenience hanno scritto anche una canzone sul tema, Misread. Quante sono le situazioni da bad timing che potete annoverare nella vostra vita? Ognuno avrebbe una lista infinita. Tanto infinita che qualcuno una volta scrisse che “la strada per l’Inferno è lastricata di buone intenzioni”. Quante volte ci appelliamo alla buona fede, quante sono le volte che arrossiamo per il fraintendimento delle nostre intenzioni nei rapporti affettivi? È la solita questione dei punti di vista. Un aperitivo, due chiacchere e qualche viso amico per renderci conto che, nonostante una comunicazione pressocchè impeccabile, pregiudizi e luoghi comuni hanno travisato le nostre ingenue intenzioni. Peggiori le risoluzioni. La curiosità, insieme alla paura, spingono il mondo e spesso creano fraintendimenti. Il mondo preferisce le dinamiche lineari e conosciute "è normale il fatto che succeda quel che ci si aspetta": fuori dalla linea guida è un pericolo. Fuori dalla linea guida è scomodo ed ignoto. Molto più semplice rispondere ad A con A, un’alfa potrebbe crear confusione. Un’alfa potrebbe far crollare muri e cambiare punto di vista. L’essere umano risponde a stimoli con reazioni semplici o eccessivamente complesse. Ma questa, forse, è una questione di cromosomi. E di fronte al dubbio si fa cadere la ricerca della risposta. O ci si arrovella sul punto fino a non uscirne più. Molto più semplice sentirsi impeccabili e tenere fuori il mondo convincendolo e convincendosi che “va tutto bene” e “non è nulla”. Il “te l’avevo detto”, del resto, ha molte più probabilità di essere estratto del “avevi ragione”. Tuttavia, forse, il romanticismo ai giorni nostri non è morto. Ma non vive nei neo-dandy o nei film di Moccia, come molti possono pensare, sopravvive piuttosto nell’avvicinarsi al prossimo, o nell’essere avvicinati, senza pianificare un secondo fine. "What's in a name?/ That which we call a rose/ By any other name would smell as sweet.".

martedì 25 gennaio 2011

L'uomo nero è nascosto nel box doccia...

Avete presente la sensazione che si prova uscendo dalla doccia? Quel vapore acqueo che pervade tutto il bagno, crea la condensa davanti allo specchio e lascia soltanto intravedere il profilo del lavandino? Alzi la mano chi nella vita non si è mai sentito così. Quei giorni in cui il mondo è ovattato e la mente è confusa. Quei giorni in cui un attimo prima quello che si è deciso sembra la cosa più corretta e l’attimo dopo la cosa più sbagliata. Non sono segni di bipolarismo, come i più simpatici potrebbero pensare, non sono nemmeno segni di confusione: quella si chiama paura. Quella paura che è al contempo il segno e l’essenza della sua pronuncia. Sono i giorni in cui il pantalone sembra stretto anche se è largo di due taglie, in cui non ci piace più il sapore del nostro dentifricio, in cui vorremmo spegnere il cellulare o, al contrario, vorremmo che suonasse. Sono i giorni in cui il nostro Es sembra battere il coperchio della botola per accedere prepotentemente all’Io e prendere a calci nel sedere il super Io. La paura spinge una civiltà, una cultura, il mondo. Se non esistesse sarebbe una tragedia per l’economia mondiale, tutta la filiera si smantellerebbe. Niente paura, niente adrenalina. Niente adrenalina niente persone agitate, euforiche, iperattive, niente droghe, niente alcool, niente mibuttogiùdaunfuoripistavediamo che succede, niente assicurazioni, niente industrie della truffa, niente industria dell’intrattenimento o, per essere chiari e sintetici, niente industria e basta. Niente sport, niente cinema, niente vestitini, creme e cosmetici. Niente innamoramento, niente amore, niente depressione o rabbia. Forse qualche opera umanitaria. Per il resto niente di niente. Nemmeno il cibo perché senza paura di morire di fame, morte di fame senza preoccupazioni. Passiamo la vita a pararci dalle preoccupazioni, alcuni a ponderare, altri a fingere di non temere mentre si buttano nella vita, per poi provare, tutti, presto o tardi, paura. La cosa più brutta della paura è che quando provi paura sei assolutamente da solo. Tutte quelle storie che raccontano sullo sdrammatizzare, sull’affrontare e condividere le paure perché serve, sul metterle per iscritto perché faranno meno paura: sono cazzate. Sicuramente sono utili. Ma sono cazzate. Provate a convincere un bambino di tre anni che l’uomo nero non esiste, che non ha le sembianze dell’alieno del film che ha visto di nascosto dalla madre, che non lo mangerà e che non si trova sotto al letto. Buona fortuna. Dategli torto. Ognuno sente la paura nel proprio corpo. La paura vive con il proprio respiro, risiede nei propri pensieri. È l’umidità che esce con voi dalla doccia e che vi accompagna finché non siete asciutti. C’è solo un modo per farla passare: aprire una presa d’aria. Grande quanto volete: un balcone, una porta, una finestra, un aspiratore. Deviare i pensieri. La nebbia, fuori, risolverà la condensa. La nebbia schiarirà i vostri pensieri.

venerdì 21 gennaio 2011

Siamo quello che mangiamo...

Feuerbach aveva dannatamente ragione. "Siamo quello che mangiamo". La differenza tra l’inizio e la fine di una cena? È che quando si comincia ci sono tutti gli ingredienti ma alla fine si ripone nel frigo la cottura completata. E la magia si è verificata nel mentre. È metafora delle relazioni sociali. Quando si inizia una cena si hanno solo gli ingredienti, le proprie percezioni dei commensali, ma alla fine il risultato è sempre diverso. Nuovo, arricchito, elaborato. Gli ingredienti si sono amalgamati ed hanno creato qualcosa di differente ed unico che è risultato pietanza. Per qualcuno magari era troppo salata. Per altri magari piccante. Alcuni pensavano fosse scotta. Ma tutti erano in uno stato diverso dall’arrivo. Le vite dei commensali sono tutt’uno col cibo e alcuno può terminare una cena senza incamminarsi verso casa con una riflessione in più. Quello che rimane sono avanzi di vita amalgamati, pronti ad essere rimescolati, surgelati e consumati, in maniera tanto più preziosa, nel momento del bisogno o dell’emergenza. Quello che resta sui tovaglioli non sono macchie ma orme di vita che si sono incrociate, ciascuno forse deviando il percorso della vita con cui aveva impattato. Tuttavia al momento dei saluti, al momento di sparecchiare, non interessa la qualità delle stoviglie ma tanto più prezioso è quanto hanno permesso si verificasse. Interessano la qualità e la quantità di quanto si è appreso, mangiato, di come si è speso il tempo. Lì l’alta cucina differisce dal fast food. Lì il simposio differiva dalla scampagnata.

domenica 16 gennaio 2011

Contradiction that works...

Non fatemi domande, perché non avrò risposte.
Non chiedetemi pareri, non si dovrebbero mai chiedere. Del resto non si vive la vita di un altro.
Non pensate sia errato mentire, perché nasciamo come plagi di qualche vita che ci ha preceduto.
Non chiedetevi se l’avete fatto di proposito: l’avete fatto e basta.
Non pensate a quanto avete lasciato ma a quello che potrete trovare.
Sperate, ma non aspettate. L’attesa genera aspettative e le aspettative spesso generano delusione e dolore.
Non sognate una vita ideale ma vivete quella che avete, cogliendo il meglio dai dettagli.
Non abbiate timore di essere derisi, chi vi deride il più delle volte ha delle grosse carenze se paragonato a voi.
Non mangiate alla stessa ora, non dormite alla stessa ora, non scegliete sempre la solita marca di caffè o di cereali ma ricordatevi, sempre, dei consigli di chi si è preso cura di voi nel corso della vostra esistenza.
E quando la testa vi farà male, quando vi sembrerà che manchi l’aria o solo la ragione, quando voi vi sentirete pronti, solo allora, fate un’unica massa di pensieri, parole, consigli, ricordi e quant’altro e mettetela da parte.
“Out beyond ideas of wrongdoing and rightdoing there is a field. I will meet you there.”. Lì, fuori, inavvertita ed inattesa, ci sarà una risposta per dormire sereni la notte.

venerdì 14 gennaio 2011

Less is more...

L’anima dicono pesi 21 grammi.
Alternativamente le parole “ti amo” e “aiuto” si possono racchiudere in file da 25kb.
La differenza di 1mm nella chirurgia può decretare la vita o la morte, la vista o la cecità.
Alle olimpiadi del 1936 le medaglie di atletica leggera furono assegnate per differenze di millesimi di secondo.
Senza i batteri l’essere umano non potrebbe esistere: si misurano con i micrometri.
E nei dettagli della vita a me viene in mente Doyle Dane… "Think small".


sabato 8 gennaio 2011

... Befana, pardon, sicuro che la bolla corrisponda?

Cara Befana,

 camminando per le strade in cui sono cresciuti i miei avi ho segnato un po’ di vorrei, magari ti lascio un post-it poi vedi tu cosa farci per il prossimo anno.

Vorrei che le generazioni dopo la mia avessero la possibilità di scegliere. Vorrei che fossero in grado di riconoscere il profumo della pelle da quella massa di plastica proveniente dalla Cina di cui sono invasi i negozi.
Vorrei che in questo quartiere ci fosse qualcuno ancora in grado di riparare una borsa il giorno che morirà l’anziano artigiano della bottega all’angolo.
Vorrei poter ancora fare la spesa di frutta al mercato, senza aver paura che i bei colori dei cibi sui banchi siano frutto di coltivazioni su terreni radioattivi o d’irrigazioni con acqua contaminata.
Vorrei che non fossero i soliti quattro stronzi a rovinare il lavoro onesto di migliaia di persone.
Vorrei che il caffè non mi fosse più servito da un, nonostante tutto sorridente, stremato, sfruttato, brillantemente laureato cameriere che, a dispetto della propria posizione, ringrazia il cielo per il proprio lavoro.
Vorrei che congiunture economiche non fossero usate come pretesto dietro il quale nascondersi da gente che aveva certi intenti ben prima della congiuntura economica poi verificatasi.
Vorrei che il feudalesimo e le sue pratiche fossero rimaste relegate nel Medioevo.
Vorrei avere la risposta e la soluzione, se non per tutto e tutti, almeno per qualche situazione.
Vorrei non vedere la spiaggia su cui sono cresciuta da piccola ricoperta di spazzatura per lo stato d’inquinamento del mare e dell’uomo.
Vorrei che nei cibi a basso costo non venisse utilizzato l’olio di palma, perché questo farà di genitori poco abbienti bambini malati e con problemi nervosi.
Vorrei che la mia generazione fosse ancora in grado di sognare sogni il cui concetto preveda più di un soggetto protagonista.

Cara Befana, ci sarebbe qualche altro milione di vorrei, ma forse devo dar retta a quell’antica massima popolare che sostiene l’assenza dell’erba “voglio” persino nei giardini del sovrano: sarà per questo che non vedo realizzati tutti i miei vorrei. Facciamo che ci pensi un po’ tu, un po’ magari ci svegliamo anche noi. Grazie gentilissima signora agè.

F.M.

sabato 1 gennaio 2011

Riflessioni davanti a un flûte...

"[...] Maledetti quelli che un giorno non guardarono; maledetti quelli che alla solenne patria non offrirono il pane ma le lacrime; maledette uniformi macchiate e sottane di odiosi, sudici cani da covo e sepoltura ... o dura Spagna i tuoi feroci padroni ti costringevano a non seminare, a non far produrre le miniere, a concentrarti sulle tombe. Non costruite scuole, non riempite i granai: pregate bestie pregate perchè un dio dal culo immenso come quello del re vi aspetta: Lassù avrete la vostra minestra.[...]"

(Pablo Neruda da La Spagna povera per colpa dei ricchi)