"fino a che non va a segno è tutto da giocare"

domenica 8 maggio 2011

Profonde comete fugaci


Non è il quanto ma il come. Vi siete mai chiesti perché talvolta le parole di uno sconosciuto o di un conoscente sono più folgoranti di quelle pronunciate dalle persone che ci vivono accanto? Visione d’insieme, caso, sano egoismo o cinismo sdoganato. Forse un po’ di tutto ciò alla base dell'attenzione che concediamo a questi soggetti. Siete su un treno, sul vostro scomodo seggiolino impolverato, mal imbottito, e la frase del vostro chiassoso vicino di viaggio che parla al cellulare si rivela la chiave per risolvere una situazione in cui siete impantanati da tempo. Oppure in coda al supermercato, con le ruote del carrello del cliente retrostante che vi solleticano le calcagna. Lì, tra puzza di sudore e minuti interminabili un sorriso inatteso, una piccola gentilezza o una mezza frase vi cambiano la giornata.
Poi ci sono quelle persone che non conoscete, o che conoscete a mala pena, che hanno inconsapevolmente fatto molto per voi, cui siete affezionati senza saperne il perché. Affermazioni, queste mie, etichettabili da taluni come pressapochiste, tuttavia, credo che sia proprio in quest’ultima categoria di rapporti, nelle profonde amicizie fugaci, che sia inespresso il germe poi sviluppato dall’amicizia, come se ne fosse il concentrato della vera essenza. Senza parole, senza certezze: così si sviluppano questi rapporti. È solo una questione di fiducia e di pelle, che alla fine delle elucubrazioni mentali sono quegl’input che ci spingono verso gli amici nel momento del bisogno, nel momento dell’emozione.
Del resto le stesse stelle, per quanto solide, stabili e affidabili da secoli, solo in determinate circostanze sono visibili e catturano la nosta attenzione mentre le comete, passeggere e fatue, ci lasciano sempre con in naso in su, gli occhi spalancati e qualcosa da ricordare.

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