Avete mai pensato a quante situazioni
ironiche si verificano nell’arco di una giornata e quante di esse siano insite
all’interno della natura umana? Ad esempio, personalmente, mi chiedo come sia
possibile che le papille gustative che riconoscono i veleni, sulla lingua di un
essere umano, siano quelle posizionate più in fondo, raggiunte le quali è impossibile
sputare il veleno e si sarebbe, di fatto, condannati a morte. È come il
tramonto su un’autostrada mentre sfrecci a tutta velocità verso casa, così
bello da farti rischiare la distrazione e lo schianto. È come l’imperituro
gioco delle relazioni che non sono mai simmetriche ma sempre complementari e,
per giunta, con timing sbagliati, il più delle volte. È come il linguaggio
umano, un codice che il più delle volte annulla la forza di quanto si sta
provando nel momento stesso in cui si esprime tale sensazione a parole. È ironico
come dire addio senza volerlo dire. È duro come volere qualcosa e andare
esattamente nella direzione opposta, facendo scelte che allontanano dalla meta
invece di avvicinare. Del resto Simon stesso affermava che “La razionalità non assicura
intelligenza. Assumere che le persone hanno spesso ragioni coerenti con ciò che
fanno è affatto differente dall’assumere che esse sicuramente selezionano
quelle azioni che sarebbero oggettivamente ottimali alla luce dei loro
obiettivi”. La contraddizione ci rende ironici, l’ironia ci rende deboli, la
debolezza ci rende umani.
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