Quasi le tre di notte prima di un’intensa
giornata ed ancora una valigia esplosa sul pavimento. Quasi come i miei
pensieri. Il caldo addosso che si appiccica, come quella stanchezza che mi
vorrebbe far crollare sul letto e al contempo mi tiene lontana dal sonno, per
chiudere i conti nella mia testa e gli obiettivi nella nottata. E in tutto
questo viaggia troppo veloce, la mia mente, la mia voglia di sfondare il mondo:
sentendo tutto il peso della zavorra del passato che, ogni tanto, ripassa da
qui. Alle volte sono sorrisi, altre volte mezze lacrime e a volte, come
stasera, non si sa. Non si sa se voler provare amore, odio, rimpianto,
tenerezza o rassegnazione. Una cosa è certa: è stato ed ha lasciato un segno.
Perché se dopo un anno ripassare in certi luoghi rievoca profumi, ricordi e
sensazioni e contrazioni nella respirazione qualcosa, sì, è stato. E stasera ringrazio quasi i miei impegni e
quella buona stella che, forse, ha voluto evitarmi una manata in faccia da
mettermi al suolo, lasciandomi ancora “quell’onda di sangue alla testa” da farmi
ricordare quanto siano i dettagli a cambiare i ricordi. E tra un costume ed uno
spazzolino, tra l’agenda ed il caricatore penso quasi che, a volte, la migliore
opportunità è quella che non si coglie, il miglior amore quello che non si
vive, le migliori parole quelle che non si sussurrano: e che il meglio, il
meglio della mia vita, bhè quello deve ancora venire. Allora domani riprenderà tutto come
in un loop: l’occasione, il brindisi, l’ingresso, i sorrisi, gli sguardi e quella sorta di
confidenza innata, le braccia leggermente carezzate per sbaglio, alla ricerca
di un bicchiere o per dare conforto. Ed io, io starò benissimo, perché il
copione non sarà il mio, io sarò là, verso quella parte della mia vita che deve
ancora venire: sarò in viaggio verso il mio oceanomare.
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