La
razionalità è un’arte e la fiducia un dono… e le relazioni che durano sono per
le persone che sanno aspettarsi. Sapete, alla fine della giornata c’è quasi
sempre un momento in cui tutte le parole, frasi, espressioni e gesti che mi
hanno colpito ritornano in mente, salgono a galla. Come se il mio cervello
fosse un ruminante, oppure un boa che inghiotte la vita e dopo la rimastica a
piccoli morsi. Oggi la frase che mi è tornata in mente è stata una
considerazione, che non pensavo nemmeno potesse partorire in maniera così
lucida il mio cervello: “Le relazioni con gli altri sono come passi di tango,
in cui un tempo sbagliato porta ad un piede pestato. Si deve guardare negli
occhi l’altro ballerino, poiché il tango ballato male assomiglia al pogare ma
ballato bene è come se si levitasse sul terreno”. Incredibile quali
illuminazioni possano giungere dal glucosio attaccato allo stecco legnoso di un
gelato confezionato, no?
Ferma,
lì, in quel momento di lucidità il mondo e le mie stesse contraddizioni (chi
non ne ha?) mi apparivano così esilaranti. Il mondo. Un immenso ammasso di
formichine con problemi futili che si agitano per una vita e corrono e si
scuotono e s’impegnano alla ricerca di qualcosa che qualcuno, una volta (mannaggia
sua!) ha chiamato “felicità”.
Allora
spendiamo tempo a valutare, a pensare e a calcolare cose e situazioni cui poco
tempo dopo ci riferiremo come “Di cos’è che si trattava?” oppure “Com’era
quella storia? Com’è che era andata? Aspe’ che non ricordo”. Oppure abbiamo la
reazione inversa: trasformiamo in mito circostanze irrilevanti e persone che
sono delle emerite nullità. Dicono sia l’affetto e la gioventù. Io credo siano
le illusioni che, tanto più crescendo, vogliamo darci. Quei sogni che non fanno
svegliare e che lasciamo al nostro cervello per convincerci, con tutti noi
stessi, che qualcosa di positivo ci sia dopo il lavoro, la guerra, il deficit
(ma qualcuno, di grazia, mi sa spiegare dove sia il credito? Qualcuno deve pur
averlo, perdinci!) i folli fondamentalisti che pianificano carneficine, il
comportamento lunatico del genere umano, il traffico e l’addebito per
commissione sulla carta di credito o sul bollettino postale.
E allora
si aspetta e si corre, si parte e ci si ferma, si sorride quando invece si
vorrebbero dare le testate e scuotere le persone declamando “Esci da questo
corpo! Che cazzo dici?!?”. Sì, parlo proprio di quelle persone che non sanno
fare una cosa e ti dicono che sei una schiappa, che non ne hanno idea e
vogliono fare i maestri, che hanno una crisi esistenziale e dicono che sei tu
quello confuso, di quelle che non parlano e cercano di convincerti che sei tu
quello con problemi di comunicazione, di quelle che sono immature e coglione e
sei tu quello serioso. Insomma di quelle che tolleri perché “siamo in tanti su
questo pianeta, in qualche modo si dovrà pur fare” perché “il mondo è bello
perché è vario” perché “la mosca bianca è sempre un paragone” o perché da
bambino non t’hanno regalato il piccolo chimico allora da grande fai esperimenti
sociali.
Alla
fine di questo circo, poi, con calma, con difficoltà, c’è un momento in cui ci
si placa, si viene a compromessi col mondo, si smette di agitarsi e di fuggire:
magari ci si siede e si cercano alibi o conferme. Due secondi dopo, consapevolmente
o inconsapevolmente, si ricerca nuovamente la felicità… sta’ stronza! Che poi,
esisterà davvero oppure è come la leggenda di Billy Barattolo e Paul Mc
Cartney?
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