"fino a che non va a segno è tutto da giocare"

giovedì 17 febbraio 2011

La grazia negli occhi e la bellezza nei pensieri…

Qualche anno fa, davanti a una platea di donne, feci una promessa. Promisi che avrei preso il loro testimone. Promisi che non avrei lasciato cadere nel dimenticatoio tutti i loro sforzi. Promisi che io sarei stata le loro gambe e le loro braccia nel futuro, sebbene loro, quelle stupende signore agé, anche con un bastone dimostravano di avere più forza di me, nonostante il quadruplo degli anni. Quelle donne erano le partigiane che avevano combattuto lungo la Linea Gotica durante la seconda guerra mondiale. Quelle donne erano state bellissime adolescenti e affascinanti trentenni. Quelle donne erano donne cui una settantina scarsa di anni fa era stato chiesto di rimanere in silenzio. Anche al tempo del nazismo, a quelle donne, soldati tedeschi avevano chiesto di stare zitte, mute, chiuse in casa. Era stato chiesto loro di non guardare e di non agire, poiché erano creature così fragili, perché la politica non era affar loro, perché al di là di tutto erano… donne. Quello che chiedono oggi è solo una forma di silenzio diverso. Ora, come allora, si chiede alle donne di stare zitte, di essere piacenti, di non esprimere la propria opinione. Il Ciel non voglia tanta brutalità sulla bocca di creature che dovrebbero essere aggraziate, ordinate, dal sorriso splendente e possibilmente… rifatte o tirate! Che non si noti che la manicure non è perfetta, che atrocità, che non si scorga che, quelle donne, oltre a lavorare, possano portare avanti la gestione di una casa e magari di una famiglia o di una relazione affettiva: non c’è scritto nelle favole, vero? Nessuno, soprattutto quelle partigiane, si sarebbe mai augurato dopo settant’anni di dover ricordare alla società principi così basilari per una democrazia. Nessuna di quelle stupende donne credo si sia sentita meno femminile, sgraziata o solamente meno seducente con le mani nel fango, incrinate dal gelo, provate dalla fatica. Nessuna, poiché erano consapevoli che la propria bellezza, il proprio fascino, derivasse dalla loro quotidianità, da quello che erano ma, soprattutto, da quello che facevano e da ciò per cui combattevano. Guardatele, adesso, oggi, quelle donne, quelle partigiane, dite se non hanno ancora la stessa bellezza che emana dagli occhi. L’emancipazione, è vero, non è riposta soltanto nelle quote rosa e rischia di capitolare davanti agli estremismi, ma per certo sta nel rispetto della forza insita nel cromosoma X, in quella forza che non svanisce con la vecchiaia e che più che visibile è percepibile. Gentile coetanea, se preferisce, se più le aggrada, per essere scesa in piazza domenica scorsa, mi etichetti pure come “sgraziata”, “sovversiva”, “antiquata” o mi definisca “una cozza” piuttosto che “una sirena”. Dopo averlo fatto, si faccia e faccia a tutta la popolazione femminile italiana un favore, vada ad incontrare le donne che hanno fatto la storia di questo paese, quelle che la storia l’hanno fatta sul campo, prima di etichettare, oggi, quelle donne che tutti i giorni, sul campo, fanno la storia di questo paese.

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